Quante volte avete percepito un “disinteresse” del vostro amministratore delegato verso la funzione HR?
O meglio: ci sono ancora tanti-troppi CEO che pensano che HR debba fare cedolini, licenziamenti, relazioni sindacali e poco altro.
Quando si entra sui veri temi people, dalle strategie di attraction al wellbeing, dalla company culture al learning, di colpo la relazione si interrompe. «Ok, ma spendi poco». «Muoviamoci ad assumere quelle persone. E stiamo bassi con gli stipendi». «Dai poi ne parliamo, passiamo ad altro».
Perché capita?
Di certo per una poca sensibilità, che diventa ignoranza strategica, di molti C-level sul tema people.
Ma anche per una incapacità di HR di relazionarsi nel modo giusto.
Ne ho parlato più volte in RADICAL HR Club, dove abbiamo costruito strumenti appositi per la HR Business Review, e voglio ribadire il concetto qui: vinciamo con i numeri. Con i dati. Con gli analytics.
Mi spiego: chi gestisce numeri, capisce i numeri. E allora diamoglieli. Partendo dagli esperimenti e allargando poi le azioni grazie ai risultati basati sui dati che portiamo.
Un esempio?
Chiediamo un piccolo budget di employer branding al CEO che non vuole spendere nemmeno un euro. Facciamo interventi mirati e, se grazie a quell’investimento accorceremo il tempo di recruiting e alzeremo la soddisfazione dei manager per i neo assunti, con quei dati dimostreremo la nostra ipotesi e faremo aumentare il budget.
Vale per qualsiasi azione: esperimento e KPI di misurazione, quindi dati che dimostrino la tesi.
Con un appunto in più. Sia su ciò che è misurabile a livello quantitativo sia su quanto va presentato a livello qualitativo, agganciatevi a ciò che fanno le altre funzioni aziendali, sales in primis: budget con obiettivi chiari ogni mese, ben presentati in un documento sintetico, e report a fine mese per mostrare ciò che HR ha fatto.
Se vogliamo smettere di essere considerati una funzione marginale, dobbiamo credere davvero di essere centrali per l’azienda e dimostrare la nostra centralità con i numeri.